Il Riformista, 27 dicembre 2009
Morando: "No allo scambio tra riforme e salvacondotto per il premier"
Il senatore democratico critica D'Alema: "Non possiamo chiudere un occhio sulle leggi ad personam. Serve un accordo trasparente con il Pdl. E guai ad accordarsi su un modello elettorale alla tedesca".
«Il Pd non può accettare l'idea di un "inciucio buono", come sostenuto da Massimo D'Alema. E necessario, al contrario, un accordo vero e trasparente con il Pdl, che escluda in ogni caso l'ipotesi di sistema elettorale tedesco». Enrico Morando, senatore e animatore della corrente "Liberal" del Pd, spiega le ragioni del suo giudizio critico sul dialogo che è riaperto intorno al tema delle riforme.
Walter Veltroni, nel 2008, sostenne con convinzione la necessità di un confronto con il centrodestra sulle riforme istituzionali. Perché oggi i fautori della vocazione maggioritaria del Pd sono critici verso la possibilità di un dialogo con il Pdl?
La questione è che oggi il premier, per uscire dai suoi problemi giudiziari, ha presentato alle Camere tre provvedimenti ad hoc: processo breve, legittimo impedimento, versione costituzionalizzata del lodo Alfano. Ecco, il Pd non può chiudere un occhio su queste misure offrendo un salvacondotto al capo del governo, per poi affrontare i nodi costituzionali più importanti.
Non la convince la strategia proposta da D'Alema? (segue)
Il mio commento
Ottima intervista di Morando, che riprende i punti salienti dell'Assemblea di Libertaeguale. In quell'occasione si è valorizzata la proposta della bicamerale di D'Alema sulla riforma della Giustiziai. da quanto ho letto sembra che in Area democratica le voci siano discordi e ci sia un fronte del "no comunque" sulle riforme. Un no che va ben oltre al no ad accordi opachi e che ha dato fiato a Caldarola per usare toni arroganti da ultimatum sulla gestione interna del pd. Resto dell'idea che rispetto alla gestione plurale sia meglio una gestione di maggioranza e minoranza. Come fa infatti la Bindi, da Ulivista che paventava il sistema tedesco , ritrovarsi "gratuitamente" in maggiornaza con bersani? Chiarisca la Bindi le sue ambiguità, perché D'Alema, invece, ha posizioni nette da due anni. Non è più tempo di traccheggiare…
Assolutamente no. Quando Massimo D'Alema afferma che esistono «inciuci buoni» per il Paese, tiene aperta una prospettiva che non possiamo accettare. Se venisse approvato il lodo Alfano in forma costituzionale, sarebbe probabile una sua nuova bocciatura da parte della Consulta o, in alternativa, un referendum confermativo che si trasformerebbe in un "giudizio di Dio" sul Cavaliere. E questo che vogliamo?
Cosa dovrebbe fare allora il Pd?
Evitare le mezze misure, e puntare a un accordo vero e chiaro con il centrodestra, dicendo direttamente al Pdl le riforme che vuole realizzare. Su ogni punto, e senza tabù.
Anche sulla giustizia?
Certo. Ridisegnando i rapporti tra potere politico e organi costituzionali di garanzia. Una relazione che, come diceva Piero Calamandrei – a differenza di D'Alema, ritengo che la prospettiva di un «Partito d'Azione di massa» sia assai valida anche oggi – ha bisogno di confini netti, per evitare il rischio del giustizialismo così come quello dell'impunità del ceto politico. Oggi questi confini passano per una moderna formulazione delle immunità, come proposto dalla mia collega Franca Chiaromonte attraverso il ripristino, in forme nuove, dell'articolo 68 della Costituzione. Poi esiste un documento molto significativo.
Quale?
La bozza Boato del 1997. Un testo che tutelava l'autonomia della magistratura, separava le funzioni di giudici e pm anche attraverso due sezioni del Csm, e affermava il principio di responsabilità delle toghe con l'istituto dell'azione disciplinare obbligatoria da parte di un procuratore generale scelto dal Senato federale. Il Pd dovrebbe presentare il 15 gennaio una risoluzione parlamentare su questi punti, oltre che sui poteri del premier e delle Camere, e sulla legge elettorale. In tal modo si metterebbero a nudo le reali intenzioni del Pdl, e non ci sarebbe spazio per la propaganda di Di Pietro.
Teme un accordo sul modello tedesco?
Guardi, io parto dal presupposto irrinunciabile del bipolarismo fra due coalizioni a partito dominante. Non voglio sentir parlare di meccanismo tedesco e neoproporzionale, che ci allontana dalla legittimazione popolare dei governi e dalla competizione sperimentata nel 2008. Col centrodestra dobbiamo lavorare per un meccanismo maggioritario, e credo che il Pdl sia disponibile a operare in tal senso, a meno che non voglia distruggere se stesso.
Edoardo Petti