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Stefano Ceccanti: i referendum riaprono la partita della riforma elettorale

By 20/05/2009Politica

Propongo qualche interessante spunto di Stefano Ceccanti sul referendum…. buona lettura

Una premessa: il merito principale dei quesiti referendari sta nel riaprire la partita della riforma (che invece sarebbe del tutto chiusa col successo dell'astensione o del No) e non nella normativa di risulta. Dei vari argomenti più o meno fondati che vengono utilizzati contro tale normativa quello che proprio non regge è quello che vado a illustrare e a confutare. Devo dire che non si fa neanche troppo sforzo politico o matematico.

Vale però la pena di farlo perché esso in questi giorni viene ripetuto acriticamente in buona fede. La tentazione di ragionare sulla base di incubi è forte dopo che si perdono le elezioni e che si è spinti verso una deriva di "sconfittismo", giustamente criticata in questi giorni da D'Alema. 

 
 

2. L'argomento è il seguente: il Pdl arriva primo da solo e viene portato al 54% dei seggi. Poi, dopo il voto, fa accordi con la Lega e forse anche con qualche altra forza minore e cambia la Costituzione coi due terzi dei seggi rendendo impossibile il referendum oppositivo.

 

3. Come costruzione fantapolitica di incubi non è male. Tuttavia non regge perché:

a) la legge vigente già prevede che chi arriva primo (anche una sola lista, già oggi) prenda il 54% dei seggi alla Camera a livello nazionale e al Senato su base regionale. Se il Pdl si sente forte può farlo a prescindere dal'esito dei referendum, anche se correrebbe dei rischi al Senato perché in molte regioni del Nord ci sarebbe una partita a tre Pdl-Pd-Lega dall'esito non scontato o, comunque, certo meno scontato di oggi; ricordo che fu lo scenario in cui l'Ulivo nel 1996 vinse inaspettatamente molti collegi al Nord;

b) se il Pdl andasse da solo, lo scontro con gli ex-alleati, a cominciare dalla Lega, diventerebbe più aspro perché il Pdl, specie per vincere al Senato, dovrebbe brandire l'argomento del "voto utile". Quindi non si capisce come e perché la Lega e qualcun altro, sconfitti alle urne, ridimensionati in suffragi dal voto utile e in seggi dal premio al Pdl dovrebbero poi di buona grazia accordarsi ex post in un sussulto di altruismo verso il proprio killer. La "sindrome di Stoccolma" non è stata sin qui mai operativa sul piano politico, anzi in genere i rancori per gli scontri elettorali tra i partiti e nei partiti si trascinano per decenni; 

c) anche ammettendo per assurdo che questo incubo politico, si verificasse vi sarebbe un insuperabile problema numerico. Poniamo che il Pdl sia arrivato al 54% dei seggi in entrambe le Camere 8quindi anche al senato, nonostante i problemi visti prima), avrebbe bisogno di un altro 13% di seggi in Parlamento, ma siccome c'è il premio che altera la proporzionalitàa favore del Pdl (si ipotizza un 40% dei voti e un 54% dei seggi), per le altre forze la proporzionalità è compressa, e quindi il rimanente 13% dei seggi corrisponderebbe al 17-18% dei voti, che non si otterrebbe nemmeno sommando Lega e Udc e altre forze minori né coi voti di oggi né tanto meno con quelli successivi alla compressione legata al voto utile; 

d) Sul piano politico, per di più, non si capisce perché, dopo un grande successo elettorale alle elezioni politiche, il vincitore dovrebbe rinunciare a priori a tentare di raddoppiare il successo in un referendum dove il quorum non è previsto e a cui arriverebbe probabilmente col vento in poppa.           

4. Conclusione: dedichiamo più tempo a chiedere voti al Pd per le europee e le amministrative per evitare che, mentre noi discutiamo di incubi improbabili che potrebbero produrre le regole, se ne verifichino altri senza bisogno di cambiare le regole.     

 

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