Pubblico per esteso questa bella intervista del Prof. Massimo Salvadori a Il Riformista di ieri, perchè va molto oltre le ragioni del No e del Si, e indaga le ragioni strutturali della fragilità del quadro politico italiano e quindi della sua automatica permeabilità ad ogni populismo e demagogia.
IL Riformista
“Tagliare i parlamentari è
un vaffa alla democrazia”,
l’accusa di Massimo Salvadori
Umberto De Giovannangeli — 22 Agosto 2020
La posta in gioco politica nel referendum sul taglio del numero
dei parlamentari, la crisi dei partiti e delle vecchie forme della
rappresentatività. Il Riformista ne parla con uno dei più autorevoli
storici e studiosi della sinistra italiani: Massimo L. Salvadori,
professore emerito all’Università di Torino. Tra le sue
innumerevoli pubblicazioni e saggi, ricordiamo i più recenti: Le
ingannevoli sirene. La sinistra tra populismi, sovranismi e partiti
liquidi (Donzelli, 2019); Storia d’Italia. Il cammino tormentato di una
nazione. 1861-2016 (Einaudi, 2018); Lettera a Matteo Renzi (Donzelli,
2017); Democrazia. Storia di un’idea tra mito e realtà (Donzelli,
2016). Democrazie senza democrazia (Laterza, 2011).
Professor Salvadori, a settembre, oltre che in 6 Regioni,
coronavirus permettendo, si vota anche per il referendum sul
taglio del numero dei parlamentari. Qual è in proposito la sua
opinione?
Il problema del taglio dei parlamentari è un problema reale, è un
problema credo anche sentito nel Paese. Non a caso era anche al
centro della riforma proposta dal governo Renzi, quando Renzi
avanzò la sua proposta di rammodernamento delle istituzioni
parlamentari. Il fatto è che se il problema del taglio dei
parlamentari, che effettivamente sono sovrabbondanti in Italia,
non è qualcosa di campato in aria o aria fritta, occorre però dire
che il modo in cui i sostenitori attuali del taglio dei parlamentari
affrontano la questione – per inciso, sarebbe stato meglio
puntare sull’abolizione del Senato anziché sul taglio dei
parlamentari alla Camera – è estremamente pasticciato, perché,
come è stato notato da molti, se si tagliano i parlamentari e
contemporaneamente non si procede a una revisione dei collegi,
il taglio dei parlamentari risulta un elemento che scombina in
realtà il rapporto fra elettori ed eletti. I fautori attuali di questa
riforma sono davvero dei grandissimi pasticcioni, questa è la
conclusione che a mio giudizio occorre sottolineare. Se si andrà a
votare, perché occorre fare i conti con il coronavirus tutt’altro
che debellato, mi sembra probabile che il taglio dei parlamentari
sarà votato dalla maggioranza degli elettori, con le conseguenze
che sono note a tutte, di fare un grandissimo pasticcio.
Esiste comunque, al di là del referendum e del suo esito, un
irrisolto problema della rappresentatività. La nostra
democrazia si è fondata sul sistema dei partiti, ma oggi cosa
resta di quel sistema?
Il sistema dei partiti è completamente scombinato, anzi più che
scombinato: la crisi dei partiti che rappresentarono l’ossatura
portante della prima Repubblica è iniziata già alla fine del secolo
scorso, e si è accentuata con l’avvento del berlusconismo, e si è
trascinata fino a oggi. Quella crisi è un altro problema, perché
anche qui continuiamo ad avvolgerci in un altro, enorme
pasticcio.
Vale a dire?
Attualmente, come la destra continua ad alta voce continua a
gridare, ci troviamo di fronte a un’alleanza di governo che ha
come unico, vero comun denominatore il desiderio di fare
barriera alla destra Salvini-Meloni, con l’appendice
berlusconiana. Ma questa alleanza di governo, 5 Stelle e Partito
democratico, è un’alleanza che, come stiamo vedendo in questi
giorni, è talmente debole, talmente fragile, talmente
contraddittoria che in vista delle prossime elezioni regionali,
5Stelle e Pd vanno ciascuno per conto proprio con il risultato di
favorire la destra. Questo rapporto complicato, contraddittorio,
traballante tra pentastellati e dem, non è il frutto di peccati
soggettivi dei 5Stelle da una parte e del Partito democratico
dall’altra, è il frutto di una disomogeneità organica fra queste due
forze, nonostante Zingaretti e chi con lui nel Pd voglia fare
intendere che in realtà c’è una possibilità di andare ad
un’alleanza che si prolunghi nel tempo e che dà una prospettiva
al futuro della nostra Repubblica. Ma questi nel migliore dei casi
sono pii desideri. Perché quell’alleanza, è un’alleanza che è
minata alla radice…”.
Da cosa è minata, professor Salvadori?
Da tante cose, e prima fra tutte, dall’incompatibilità di fondo fra i
due elettorati, fra le mentalità e le culture politiche di questi due
partiti, i quali si affannano a offrire una immagine che non
corrisponde alla realtà. Detto questo, poi, bisogna stare molto
attenti al fatto che l’attuale situazione parlamentare è minata
ormai da tempo – il che si riflette sulla solidità dell’alleanza tra
5Stelle e Pd – dal fatto che il Movimento 5 Stelle è
sovrarappresentato, in maniera drammatica, da un numero di
parlamentari che non corrisponde più al consenso elettorale. Un
partito che aveva superato il 30% e ha ottenuto di diventare di
gran lunga il primo partito in Parlamento, è un partito che oggi
continua a spadroneggiare senza avere ormai più alcuna
corrispondenza: lo sanno tutti che questo Parlamento è un
Parlamento non più rappresentativo, il che ovviamente offre un
argomento molto forte e mi permetto di aggiungere legittimo, alla
protesta della destra contro l’attuale situazione parlamentare che
si riflette poi nell’esecutivo. Abbiamo visto Conte sbracciarsi per
esortare in vista delle elezioni regionali i due partiti che formano
la maggioranza di governo, a stringere un’alleanza nelle Regioni,
ma il fatto è che nessuno gli bada. Crimi gli ha risposto
malamente, con il risultato, per usare una stupida espressione
ma ormai corrente, di creare una prateria per la destra nelle
prossime regionali. È inutile provare a chiudere gli occhi: avranno
un risultato che non potrà restare a livello regionale, ma che si
rifletterà inevitabilmente a livello parlamentare e di governo,
aprendo così una situazione estremamente delicata che non si
vede come possa avere una soluzione. Noi ci troviamo in una
crisi strutturale, organica, del sistema dei partiti, che in realtà poi
non sono più i partiti organizzati delle varie correnti popolari
coinvolte nelle strutture dei partiti. I partiti oggi sono delle
strutture in mano a piccoli gruppi oligarchici, e non c’è nessuno
che si sottragga a questo, i quali non possono che suscitare vento
a favore del populismo. Non posso sottrarmi ad una conclusione
di allarme: vedo una situazione sottoposta a un grande stress, e
non è un caso che chi è molto allarmato guardi all’ex presidente
della Banca centrale europea, Mario Draghi, come al salvatore
della patria. Ora, Draghi è un uomo di primissimo ordine, ma
certamente non possiede la bacchetta magica di fronte a una
situazione partitica come questa, per fare miracoli. Oltretutto,
abbiamo di fronte un altro elemento fortemente critico…
A cosa si riferisce?
All’elezione, l’anno prossimo, del presidente della Repubblica. Il
capo dello Stato, negli ultimi anni, a partire da Napolitano, era
stato un soggetto in grado nei momenti di maggiore pericolo e
crisi, di creare quelli che sono stati chiamati i “governi del
Presidente”. Ma adesso, punto di domanda, qual è la figura dotata
di un carisma paragonabile, qual è la figura che si va stagliando
nell’ambito della nostra classe dirigente che possa assumere
nelle proprie mani con un’autorevolezza non sfidabile, il
problema di costituire dei governi che stiano in piedi? Nessuno lo
vede. Forse uno potrebbe pensare, per ritornare a Draghi, che a
un certo punto ci si possa mettere nelle mani del presidente
Draghi, ma è pensabile che gli attuali partiti di destra e i grillini,
possano pensare a Draghi presidente? Lo potrebbe pensare il
Partito democratico, ma credo in solitudine. Può darsi che mi
sbagli, ma purtroppo non credo.
In ultimo, vorrei che tornassimo al tema iniziale della nostra
conversazione. In un’intervista a questo giornale, Mario
Tronti ha sostenuto che al fondo del referendum sul taglio dei
parlamentari, c’è l’irrisolto scontro tra politica e antipolitica.
È anche lei di questo avviso?
Non c’è dubbio che l’intento delle forze che mirano alla riduzione
dei parlamentari, ha un sottofondo, ed è un sottofondo che è
rappresentato sia dal populismo di Salvini e della Meloni da un
lato e dei grillini dall’altro, ostile ai meccanismi e ai valori della
democrazia liberale, non a caso i “salviniani” sono entusiasti e
partigiani delle politiche alla Orban, e i 5 Stelle hanno nel loro
dna, in quello che li ha prodotti e li ha portati sulla scena politica
e che ha consentito loro di coagulare un ampio consenso, sono
coloro che hanno levato il grido vaffa…, urlato dal loro capo,
Grillo. Certo che c’è un elemento di antipolitica. Ma non basta
dire di antipolitica, bisogna dare gli aggettivi. È un’antipolitica
rivolta non contro la politica di un certo tipo, ma alla politica di
un altro tipo, e cioè la politica che affonda le sue radici nei valori
e nei meccanismi tipici della democrazia liberale e parlamentare.
Non è un caso che l’antiparlamentarismo costituisca un
elemento di fondo che accomuna per un verso la destra e per
l’altro verso i grillini, anche se, i grillini, ma non solo, nelle loro
giravolte accentuate che hanno dimostrato di essere capaci di
fare, hanno imparato a servirsi brutalmente dei meccanismi
parlamentari rappresentativi per fare la loro antipolitica,
innalzando la bandiera, accomunandoli alla destra, sulla
riduzione dei parlamentari, senza preoccuparsi minimamente dei
risvolti che questo referendum unilaterale può determinare nel
rapporto tra eletti e corpo elettorale.
Unilaterale, perché?
Perché è un referendum che invita a tagliare i parlamentari senza
preoccuparsi delle conseguenze costituzionali di questo taglio.
Professor Salvadori, una definizione da “medico”. Il sistema
democratico italiano è un malato irreversibile o è ancora
curabile?
È un meccanismo profondamente malato. Se si possa salvare o
no, quel che si possa salvare o che non si possa salvare, è
affidato ad un futuro che sarà l’espressione di ciò che le forze
politiche italiane saranno capaci di fare, ma l’arte della
previsione è propria dei maghi ed io non mi soffermo su
quest’arte.”