Il Riformista del 28 novembre 2007 – di Marco Cappato
Nel luglio del 2006 veniva affidato alla senatrice ds – oggi appartenente al Partito democratico – Fiorenza Bassoli l'incarico di relatrice per il disegno di legge sulle direttive anticipate di trattamento, meglio note con il nome di «testamento biologico». La legge era in discussione nella Commissione Igiene e Sanità del Senato, presieduta dal professor Ignazio Marino. Alla senatrice Bassoli era stato assegnato il compito di presentare una proposta che potesse finalmente consentire alla Commissione Sanità, dopo mesi di dibattiti e audizioni, di iniziare l'esame di un testo legislativo condiviso. (Leggi Tutto)
Nella prima metà del giungo scorso, dopo un lungo e articolato scontro all'interno della maggioranza, è stato deciso di non presentare un disegno di legge unificato, né di presentare come testo base uno tra gli otto presentati. Arrivare alla discussione generale senza testo unico è stata una scelta certamente non condivisa da parte nostra, ma poco condivisa anche nella maggioranza e persino in parte dell'opposizione. In questo modo, infatti, i tempi dell'iter parlamentare si sarebbero inevitabilmente allungati, cosa puntualmente avvenuta. L'opposizione, che si era detta pronta a discutere su un testo unificato, ha puntato l'indice sulla difficoltà della maggioranza a raggiungere una posizione condivisa.
Dopo tutti questi lunghi mesi di discussione (a partire dall'ormai lontana primavera del 2006), le decine di sedute, gli scontri politici e mediatici, il risultato è un vero e proprio stallo. La legge sul testamento biologico, presente anche nel programma di Romano Prodi come strumento legislativo che deriva con naturalezza dal principio del consenso informato e dall'autodeterminazione personale in materia di decisioni sanitarie, è oggi arenata.
A luglio la senatrice Bassoli, a proposito del non luogo a procedere di Mario Riccio, aveva dichiarato: «Sono ottimista, la legge sul testamento biologico si farà». Già, ma quando? «Si tratta – sono ancora le parole della senatrice Bassoli – di fare una legge che tuteli i diritti di soggetti non più in grado di esprimere direttamente le proprie volontà». Ebbene, questi diritti non sono ancora garantiti oggi. Le persone che non sono più in grado di manifestare il proprio volere devono affidarsi alle decisioni dei medici o dei parenti, senza l'opportunità di essere rispettati in una delle scelte più personali, e più drammatiche, della nostra esistenza. Che cosa ne è stato dei buoni propositi della senatrice Bassoli? Che cosa è successo in questi ultimi cinque mesi di distanza? Assolutamente nulla! La senatrice Bassoli non ha mai presentato alcun testo unificato e la questione non è nemmeno più stata messa all'ordine del giorno della Commissione Sanità. I testi in discussione sono passati da otto (tre della Casa della Libertà e cinque della maggioranza) a undici (con le ultime aggiunte di Rifondazione Comunista, Verdi e Italia dei Valori): forse è impossibile trarre una soluzione «condivisa» tra testi che su molti punti presentano soluzioni opposte. Quello che conta è una soluzione liberale, cioè che garantisca la libera scelta individuale, sia di chi decida di avvalersi del testamento biologico sia di chi decida di non farlo, come accade ogni volta che una legge offre la possibilità di scegliere tra diverse opzioni. Anche la sentenza della Cassazione sul caso Englaro sembra andare in questa direzione, riconoscendo anche in modo differito nel tempo il diritto costituzionalmente garantito a scegliere sulle proprie terapie. Poco importa a questo punto stabilire le singole responsabilità di tale assoluto fallimento. Poco importa anche capire fino a che punto la senatrice sia soltanto l'esecutrice materiale di un disegno politico preciso di affossamento del testamento biologico da parte dei vertici del Partito democratico. Il rispetto per i mesi di impegno parlamentare, che ha coinvolto non solo i senatori, ma anche centinaia di esperti e l'opinione pubblica, dovrebbe imporre alla senatrice Bassoli di dimettersi da relatrice. Continuare a invocare «altre urgenze», sia da parte della senatrice Bassoli che di altri rappresentanti politici, al fine di evitare la discussione di un tema che rischia di spaccare gli accordi e di provocare aspre discussioni, è inaccettabile. Sarebbe più onesto rinunciare a un incarico se non si vuole o non si può portarlo a termine.
Mi auguro che il presidente Marino non si sia ormai rassegnato a veder andare in fumo il lavoro di tutti questi mesi, e sia lui stesso a sollecitare la Commissione Sanità affinchè sia individuato qualcuno disposto a fare il relatore invece che l'affossatore del provvedimento.