Più di 70 interventi e 230 persone (una delegazione piemontese di 17 soci) possono essere senza dubbio il segno di un impegno intellettuale e politico serio e continuo che non si è smarrito in questi 10 anni. C’è stata una continuità di indagine sulle questioni programmatiche aperta e distintiva di una piattaforma riformista che vorremmo vedere emergere alla prossima conferenza programmatica. La questione dell’energia, della riforma contrattuale e della rappresentanza sindacale, del welfare, della scuola, delle riforme elettorali e istituzionali, eccetera.
Quando saranno tradotte in disegni di legge dai gruppi del Pd potremo dire di essere usciti dalla fase teorica ed entrati in quella più pratica e politica. Mi pare che la cosa più nuova emersa nei tre giorni sia la riflessione sui meccanismi con cui il Pd si è costituito. Negli apparentamenti più disparati delle liste, da Veltroni in poi, al concreto disgregarsi delle Assemblee nazionale e regionale in tutte le loro articolazioni. Il bilancio è sembrato quello di una sommatoria fra ceti dirigenti, Ds e Dl, e di una stretta burocratica che non lascia decollare il partito. Ci si è parlati su questo punto con chiarezza, al di là della simpatia per Veltroni che certo caratterizza l’associazione Libertaeguale.
Poi è venuta l’equivalenza veltroniana di Berlusconi uguale Putin. Fantastico autogol politico. Se c’è Putin, cioè l’autocrate puro (anche se non nemico dal freddo ma da Arcore) non serve il partito maggioritario, ma la chiamata a un vero e proprio Cln antiberlusconiano, cioè alla vecchia Unione.. Ma Veltroni è riformista o un berlingueriano che prepara un secondo discorso di Genova? Il tempo passa per tutti, anche per le rimasticature del Kennedysmo e del Berlinguerismo.