Pubblico la relazione di minoranza alla manovra del senatore Enrico Morando, che trovo particolarmente interessante in quanto indica un insieme di assi strategici individuati per fare fronte alla drammatica situazione attuale.
Noi, al posto vostro, avremmo impostato dall'inizio un'altra manovra: più risparmi da revisione integrale della spesa e Piano industriale della Pubblica Amministrazione, minore aumento della pressione fiscale. Più coraggio sulle liberalizzazioni dei mercati chiusi, a partire dal settore strategico dell'energia. Un robusto spostamento di prelievo dal lavoro – specie quello femminile e giovanile – alla rendita e ai consumi. Una violenta cura dimagrante per la politica e i suoi costi, col primo voto, già a settembre, per le riforme Costituzionali necessarie a dimezzare il numero dei parlamentari e a ridisegnare l'assetto delle Autonomie locali, in chiave di semplificazione e snellimento. Un intervento non di riforma della previdenza – ché quella l'abbiamo fatta nel '95-'96 – ma di accelerazione della sua universale applicazione – col metodo del calcolo contributivo pro-rata temporis – anche tenendo conto dell'ulteriore progresso dell'attesa di vita tra il '95 ed oggi. Un'aggressione al nodo del debito pubblico, sia attraverso la valorizzazione/alienazione di quote rilevanti del patrimonio pubblico – rigorosamente destinando ogni Euro a riduzione del volume globale del debito – sia ricorrendo ad una imposta patrimoniale ad aliquota molto moderata sulla quota di patrimonio privato (tutto, mobiliare e immobiliare), pari al 47% del totale (a sua volta pari a più di sette volte il PIL), posseduta dal 10% delle famiglie più dotate di ricchezza patrimoniale. Una decisa lotta all'evasione fiscale, fondata sulla drastica riduzione dell'uso del contante e sul conflitto di interessi tra contribuenti, col preciso vincolo di destinare prima (fino al pareggio di bilancio) una buona parte, poi tutto il gettito strutturale aggiuntivo alla riduzione della pressione fiscale sui contribuenti leali.
Si tratta di una strategia – come dicemmo già nella Relazione di minoranza sul DEF – che aggredisce contemporaneamente tutti e tre i fattori di difficoltà: eccesso di disuguaglianza, scarsa crescita, eccesso di debito pubblico. Così come ognuno dei fattori di crisi sostiene e accentua l'altro, in un rapporto inestricabile di causa ed effetto, così ciascuna di queste scelte integra e rende produttiva l'altra, in modo tale che nessuna è davvero efficace fuori dal disegno organico di cambiamento che tutte le collega.