Veltroni giura: non sarà una Bicamerale – Stefano Cappellini – Riformista
Una domanda che Walter Veltroni si è sentito ripetere da più parti nelle ultime ore è la seguente: «Ma ci si può fidare davvero di Silvio Berlusconi?». Veltroni non dice di no. E nemmeno di sì. Spiega che il Cavaliere ha dovuto subire l’agenda dettata dalla fondazione del Pd. Aggiunge che la nascita del berlusconiano Popolo della libertà, confermata ieri dal leader in conferenza stampa insieme alla volontà di dialogare per la riforma elettorale, testimonia la volontà dell’ex premier di attrezzare la seconda gamba, dopo quella del Pd, sulla quale far camminare il sistema partitico della Terza repubblica. E infine conclude: quali che siano le intenzioni reali del Cavaliere, non c’è spazio per il bluff: «Se Berlusconi fa sul serio o no, lo capiremo subito», ripete Veltroni.
Il quale confida che, se il leader di Forza Italia manterrà l’impegno a dialogare, stavolta il tavolo di trattativa non sarà «a rischio inciucio», né su di esso aleggerà lo spettro della Bicamerale. Per una serie di condizioni che il Loft ritiene oggettive: la prima è che il dibattito nasce interamente pubblico e promette di restare tale: «Non è in vista alcun patto della crostata», garantisce uno dei membri veltroniani dell’esecutivo del Pd; la seconda è che, a differenza della commissione voluta da D’Alema due legislature fa e vissuta subito da Prodi come un minaccioso contropotere, stavolta non solo il Prof non è ostile ma anzi ritiene che il buon esito della trattativa bipartisan convenga, e molto, anche a palazzo Chigi; la terza, frutto della mancata spallata sulla finanziaria, nasce dal fatto che la trattativa con l’opposizione si apre da rapporti di forza inimmaginabili fino a poche settimane fa, con l’esecutivo bene in sella e che ha la possibilità di programmare un altro anno di governo per recuperare consenso e credibilità; la terza è che Berlusconi non può più permettersi di sedersi e poi far saltare tutto all’ultimo minuto, perché è ormai circondato da alleati che aspettano solo un suo passo falso per smarcarsi di nuovo. E Veltroni lo ha fatto capire bene ieri nel corso dell’esecutivo del Pd, al termine del quale ha spiegato: «Il Pd dialogherà con tutte le forze politiche interessate a un nuovo assetto istituzionale, avendo la stessa attenzione e la stessa cura nei confronti di tutte le forze del centrodestra».
Il canale con Fini e Casini, tenuto aperto in questi giorni, è destinato a restare attivo pure in futuro. Certo, una potenziale zona grigia della trattativa c’è, e Berlusconi non ci ha girato intorno: «Si faccia la riforma e si torni al voto», ha proposto il Cavaliere. Il do ut des è chiaro: riforma bipartisan della legge elettorale, e niente più, in cambio della data delle elezioni anticipate. Su questo tema ieri si è esercitato a lungo l’esecutivo del Pd, producendo una linea ufficiale: non è accettabile alcuna proposta dell’opposizione che leghi il varo delle riforme alla vita del governo. Ma la presa di posizione, un atto dovuto, non va presa alla lettera. La verità è che lo scambio non è considerato un tabù da Veltroni, la cui road map ideale ha sempre ipotizzato il voto nel 2009.
E all’idea non si scandalizza nemmeno Prodi. ll problema è semmai che tanto il segretario del Pd quanto il premier ritengono indispensabile incassare qualcosa più che la semplice riforma del Porcellum per dichiarare chiusa in bellezza e in anticipo la legislatura in corso: serve, in parallelo, una riforma costituzionale che seppellisca il bicameralismo perfetto, aumenti i poteri del premier e modifichi i regolamenti parlamentari. Un programma che, dice Veltroni, «deve impegnare tutto il 2008» e che, una volta realizzato, potrebbe rappresentare per Berlusconi la certezza del voto, per Prodi una ricca buonuscita da padre nobile della Terza repubblica e per il Pd di Veltroni il volano per giocarsela alla pari con il nascituro Pdl. Ecco perché il no di Berlusconi a un più ampio progetto di riforme istituzionali rappresenta un ostacolo serio ed è stato subito deplorato da palazzo Chigi: «Il dialogo è dialogo, non può avere dei però». Se va avanti così, scansare il referendum – obiettivo che Veltroni considera ancora possibile – sarà impossibile.
Per ora, però, ciò che agli occhi di Veltroni conta di più è aver creato condizioni speculari nei due campi e costretto Berlusconi a collaborare al disegno del nuovo assetto non più bipolare, ma «bipolarizzante»: «A noi – dice Veltroni – interessa un sistema elettorale che favorisca la bipolarizzazione a partire dal proporzionale. Le misure e le tecnicalità le possiamo vedere, intanto il Vassallum è servito ad aprire una dialettica nuova che un mese fa sembrava difficile». Ora tutto è cambiato. E Berlusconi insegue. Ma Veltroni sa bene che, da qui a un altro mese, tutto può ancora accadere.