Interessante articolo di Romano sul Riformista sulla “ritirata di Veltroni” . Ma solo parzialmente vero nelle conclusioni. Anche io ho colto un possibile tentativo di evasione dalla contingenza politica. In qualche modo il Veltroni del 1999, del “meglio perdere che perdersi”. Però bisogna tenere conto di una cosa marginale e di una sostanziale.
Innanzitutto Veltroni ha scelto nella sua relazione finale alla scuola di politica di tenersi all’altezza delle altre relazioni, che erano di riflessione politico culturale e di scenario, non dunque di contingenza politica immediata. Ma più sostanzialmente ritengo che Romano sbagli l’analisi. Veltroni non è un “leader in fuga”, ma sta applicano una tattica per me deteriore, che consiste nel lasciar discutere e nel lasciar fare. Nel tenere cioè una linea mediana di rilancio del progetto generale, senza la durezza delle scelte politiche che quotidianamente dovrebbero sostanziarlo.
Una linea tattica di galleggiamento, aspettando che passi l’onda lunga del Governo. Questa linea non fa crescere il Pd. Non basterà la manifestazione del 25 ottobre. Per protestare e basta, bastava l’Unione. Quindi Romano, che è sempre carico di sospetti, non si illuda. Non c’è nessuna fuga in atto, ma purtroppo non c’è nemmeno alcuna traccia di “grande strategia”.
Nemmeno la tragica rinuncia di Berlinguer con il discorso di Genova del 1980 (se non erro) che a noi – ragazzi di allora – parve la sfida eroica della diversità, fallita la fase dell’unità nazionale. Ma già allora a me sembrò la manifestazione di una grande difficoltà.