Ringrazio Mario Viano, compagno perso di vista da alcuni anni, ora direttore generale del Consorzio Ciac per la formazione professionale nel, che mi ha fatto visitare tutte le sedi del Consorzio sparse nel Ciriacese e nel Canavese per constatare come la formazione professionale dopo la terza media possa integrarsi con percorsi personalizzati che integrano formazione culturale di base, laboratori, apprendistato. Iniziative rivolte a ragazzi in tendenziale fuga dall’obbligo scolastico, che danno loro l’opportunità di un percorso verso il lavoro e la cittadinanza. Fra gli apprendisti operatori meccanici attrezzisti, molti ragazzi marocchini e slavi.
Tutte italiane, invece, le ragazze operatrici di trattamenti estetici e acconciature; esplicitamente finalizzati a ragazze marocchine e tunisine i corsi di pulizia, accoglienza primaria e per operatrici di comunità. Non sembra facile l’integrazione fra ore di lavoro e cultura professionale, in questo pezzo di formazione professionale monitorata con molta cura dall’Assessore alla Formazione D’Ottavio della Provincia di Torino. Ma certamente questa decennale esperienza può costituire un originale modello per il compimento del biennio per alcune fasce di giovani la possibilità e integrarsi anche con la formazione professionale gestita ad esempio dai Salesiani per figure come tecnici e operai qualificati. Nel Canavese i piccoli e medi industriali cercano operatori meccanici, installatori, manutentori in grado di lavorare sulle macchine a controllo numerico, con possibilità di assunzione a tempo indeterminato e buoni salari.
Eppure, manca l’offerta. I giovani italiani si buttano sul terziario meno qualificato. E saranno questi centri a formare i lavoratori industriali e del tessile della PMI. Emerge che è impossibile trovare saldatori: troppo difficile, mi dicevano i maestri artigiani. Ci sono le norme di sicurezza ed è una specializzazione da cui i ragazzi rifuggono. E tutti i laboratori di saldatura restano così inattivi.
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