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Magda Negri

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Legge elettorale: da cambiare, ma come?

 

Qualche nota sull'incontro sulla riforma della legge elettorale organizzato il 20 giugno 2007 dalla  Unione NIzza Lingotto e dall'Unione San Salvario presso il Circolo Garibaldi di Via Pietro Giuria 56, Torino. Capitato fra un nubifragio che resterà memorabile a Torino e una ronda anticriminalità che ha messo sotto assedio il quartiere per due ore, il dibattito ha richiamato molte persone, che hanno riempito la sala e hanno resistito al caldo umido di una serata "tropicale".

Fabio Lamon, studente di Giurisprudenza e membro della Direzione Provinciale di Sinistra Giovanile relaziona sui sistemi elettorali tedesco, spagnolo, britannico e francese...peggiori del nostro non siamo riusciti a trovarne!Federico Pizzetti, docente di Istituzioni di Diritto Pubblico all'Università di Milano e membro del Comitato Referendario di Torino, apre le danze con una brillante esposizione (magari tutti i professori fossero così chiari) sull'origine e le criticità della legge elettorale. L'attuale legge elettorale, in linguaggio tecnico la n° 270 del 2005, in linguaggio profano “Porcellum”, è una creatura del centro destra, la nostra opposizione infatti era uscita dall'aula al momento del voto. Spiega che un sistema elettorale si compone di tre parti: la legislazione elettorale di base, che disciplina l'età dei votanti, il numero dei seggi, il tipo di suffragio ecc ed è contenuta in parte nella legge elettorale e in parte nella Costituzione, la formula elettorale, ovvero il motore che trasforma il numero di voti in seggi e ha come unico limite la democraticità, la ragionevolezza, il rispetto del sistema partitico e dei sistemi di quorum, e la legislazione elettorale di contorno, ovvero le regole per i finanziamenti ai partiti, per la conduzione della campagna elettorale e per la parcondicio.La legge elettorale deve rispondere a 3 obiettivi: la formazione del Parlamento, la rappresentatività e la governabilità.Il Porcellum ha una formula elettorale proporzionale, ma introduce un premio di maggioranza che può essere conferito alle liste o a coalizioni di liste; introduce circoscrizioni elettorali ampie; prevede soglie di sbarramento differenziate a seconda che il partito si presenti da solo o in una coalizione e prevede la lista bloccata.Ci troviamo quindi di fronte a una legge inficiata dalla “lotteria dei premi di maggioranza”, che alla Camera sono su base nazionale e al Senato su base regionale nonostante il nostro sistema rimanga bicamerale perfetto; dalle liste bloccate; dalla possibilità di pluricandidature. Una legge elettorale che, inoltre, favorisce la frammentazione politica.I primi due quesiti referendari vanno ad eliminare le parti della legge relative alle coalizioni, facendo in modo che vengano mantenute solo le soglie di sbarramento di lista: 4% alla Camera e 8% al Senato. Il terzo quesito elimina la possibilità di pluricandidature. La collega Mia Caielli, docente di Diritto Pubblico Comparato all'Università di Torino e membro del Comitato Referendario di Torino, interviene sottolineando come l'assenza del carattere uninominale dei collegi e la permanenza delle liste bloccate non siano difetti imputabili alle scelte degli estensori del referendum, ma derivanti dalla natura stessa del referendum abrogativo che, secondo la nostra Costituzione, è oppositivo e non propositivo. La Corte Costituzionale ha però ammesso la possibilità di referendum manipolativi, ovvero che ritaglino pezzi di legge eliminandoli, modificando in questo modo gli effetti.Daniele Valle, oltre che coordinatore provinciale dei Giovani della Margherita anche studente in giurisprudenza, se l'è cavata egregiamente in mezzo a tutti questi Azzecagarbugli.

“Nessuna legge elettorale può cambiare il sistema politico –ci dice- ma può aiutare” ed elenca quattro esigenze minime alle quali la legge elettorale che verrà elaborata dal nostro governo dovrebbe rispondere: l'indicazione preventiva del premier, l'identità della maggioranza nelle due camere, la governabilità, la possibilità di scelta dell'eletto.È Andrea Giorgis, docente di Diritto Costituzionale all'Università di Torino e capogruppo dell'Ulivo in Comune, ad aprire simpaticamente e brillantemente la polemica: “Ha senso -si chiede- promuovere una iniziativa referendaria che potrebbe avere come esito: a. la concentrazione del premio di maggioranza su una unica lista, come avveniva con la Legge Acerbo, e quindi l'unione di tutti i partiti in due grandi listoni privi di una reale identità, attuando una sostanziale destrutturazione del sistema partitico, oppure b. spingere il Parlamento a varare una nuova legge in tempi brevi?-. Operare questo vuol dire considerare l'elettore come un corpo morto, che chiede organizzazione e risultati concreti, ma non desidera essere arbitro del proprio destino. Il referendum, a detta del nostro Consigliere, è un esercizio irresponsabile della libertà personale poiché l'interpretazione ultima della legge di risulta dal referendum non sarà data dai votanti, ma dalla classe politica a posteriori. Compito della politica è formulate progetti e proposte. Se i politici non fanno questo, ma si lasciano trasportare dai sondaggi e dagli umori del momento, allora tradiscono i cittadini.Antonio Finocchiaro, vice-coordinatore regionale della Margherita, confessa di ritenere la legge elettorale di risulta “non brutta”. La situazione attuale è dominata dal sentimento dell'anti-politica, la selezione della classe politica è sempre meno frutto del confronto politico e sempre più merito di reti di relazione. La causa primaria di questo è la crisi dei modelli semplificatori ideali della realtà, le ideologie. Il sistema proporzionale non farebbe altro che esaltare l'individualismo imperante del nostro secolo, mentre la legge di risulta del referendum potrebbe semplificare artificialmente la realtà.L'onere della chiusura è sulle spalle di Sergio Soave,  segretario regionale DS. L'ipotesi referendaria è valida poiché è l'unica possibilità di cambiare l'attuale legge elettorale: “ perché mai gli attuali parlamentari dovrebbero modificare la legge che ha loro permesso, attraverso la cooptazione partitica, di sedersi in Parlamento?”. L'espressione usata è molto colorita: “ è difficile pensare che i tacchini partecipino al giorno del ringraziamento!”.

 

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Così come Syriza in Grecia non era il futuro profetico per la sinistra italiana, così non dobbiamo considerare che la sconfitta di Miliband in Inghilterra sia esattamente trasponibile nel dibattito della sinistra italiana. In Inghilterra ha pesato potentemente lo straordinario successo del partito nazionalista scozzese. Non facciamo equazioni troppo semplici. In Italia aspettiamo l’esito delle elezioni amministrative. Credo andranno bene, anche se peserà la disaffezione degli elettori vrso le elezioni locali. La formazione delle liste in Campania è il simbolo di un grave problema che si sta determinando nel PD: non basta imbarcare tutti per vincere. Bisogna vincere lealmente, con persone presentabili.

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