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Magda Negri

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Il Riformista, 28 gennaio 2010

Il Governo manifesta impotenza riformatrice

di Enrico Morando

Tremonti lo ha detto chiaro: la riduzione fiscale si farà «a fine legislatura, perché nessuno al mondo può dire come andrà l`economia nel 2013». Si tratta di una vera e propria dichiarazione di impotenza, per almeno tre ragioni.

In primis, la leva fiscale dovrebbe essere usata ora proprio per fare in modo che, nel 2013, le cose vadano un po` meglio di come andranno, se si continuerà a non fare nulla (nulla vuol dire nulla: la componente discrezionale della politica fiscale del Governo italiano è pari a 0,1 del Pil, come dimostra la tabella in alto). Poi, il richiamo al deficit e, soprattutto, al debito pubblico, non serve per dimostrare che non si può fare un`incisiva politica di stabilizzazione prima e riduzione poi della pressione fiscale: dimostra solo che bisogna finanziarla con la stabilizzazione prima e la riduzione poi della spesa corrente primaria delle Pubbliche Amministrazioni. Infine, le forze che si oppongono alla riduzione della spesa corrente primaria e alla sua riqualificazione non saranno mai vinte - a causa della loro "densità", capace di compensare il loro carattere minoritario - se per il conseguimento di questo obiettivo non si mobiliteranno le forze vitalmente interessate ad una riduzione della pressione fiscale sul lavoro.

 

Sul primo punto. Anche se molti commentatori sembrano ritenere il contrario, il lavoro di un Governo (e di un ministro) non consiste nel fare previsioni, ma nel definire obiettivi e gli strumenti (le politiche) atti a favorirne il conseguimento. Nella piena consapevolezza dei limiti della politica economica, certo. Ma non della sua ininfluenza. E poi Tremonti, non era quello del "ritorno della Politica"? Quindi, è legittimo chiedere al Governo non di sapere "come andrà l`economia nel 2013", ma di compiere scelte che aiutino il Paese ad impiegare meno tempo a tornare al livello di sviluppo pre-crisi e ad innalzare il suo Pil potenziale. Un esempio darà l`idea: se il problema è - nell`immediato - quello di sostenere la crescita anche dal lato dei consumi interni (l`export ha bisogno di consumatori globali che ci saranno, nel medio periodo, ma non sono pronti subito, dopo il collasso dei consumi Usa) e, più in prospettiva, quello di affrontare e rimuovere le cause strutturali del basso ritmo di crescita che ci caratterizza da quindici anni, allora una drastica riduzione del prelievo fiscale sul reddito da lavoro fuori casa delle donne (nelle dimensioni e coi caratteri universali proposti da Alesina e Andrea Ichino) avrebbe il merito di agire per il conseguimento di entrambi gli obiettivi: più reddito disponibile per le famiglie e maggiore partecipazione delle donne alle forze di lavoro (nel Mezzogiorno, quest`ultima non supera il 50 per cento di quella media europea).

Sul secondo punto, se non si sfidano Berlusconi e Tremonti sulla riduzione e riqualificazione della spesa corrente della PA, è semplicemente inutile scontrasi con loro sulla mancata riduzione delle tasse. Si finisce solo per fornire loro una patente di "rigoristi" che davvero non meritano. Certo, c`è un riequilibrio interno alla pressione fiscale italiana che va rigorosamente promosso: la cedolare secca (20 per cento) sugli affitti percepiti e una forte detrazione sull`affitto pagato (che costano, nel primo anno, attorno a 2 milioni di giuro, che si dimezzano nel secondo e vanno a zero nel terzo) è finanziabile da domani mattina con l`unificazione al 23 per cento delle aliquote di prelievo sui capital gaia. E deve restare fermo che ogni euro riveniente da successo nella lotta all`evasione fiscale deve essere impiegato per ridurre la pressione sui contribuenti leali, a partire dai redditi medi, oggi furiosamente taglieggiati. Ma tutto ciò non potrà mai bastare: i soldi per ridurre le tasse sul lavoro e l`impresa si trovano solo riducendo la spesa.

Tremonti bara quando identifica riduzione della spesa pubblica e macelleria sociale: se quasi il 30 per cento delle spese della nostra PA è destinato all`autoorganizzazione (come documentato, per alcuni ministeri, dalla Commissione Muraro sulla spesa pubblica, subito sciolta - «costava troppo» - dal nuovo Governo), allora i margini per ridurre ci sono (gli strumenti? valutazione indipendente di tutto e di tutti; benemarking; obiettivi cui ispirare premi e penalizzazioni). Sono esattamente le stesse azioni che vanno messe in atto per riqualificare e rendere più efficiente la Pubblica Amministrazione, le cui deludenti performances (giustizia, sicurezza) sono i fattori principali di depressione della produttività totale dei fattori.

Infine, sul terzo punto. Nessuna riduzione della spesa corrente primaria sarà mai credibilmente perseguibile se questo obiettivo non diventerà prioritario nell`agenda delle principali forze economiche e sociali e nel loro rapporto col Governo. Anche in questo caso, un esempio potrà essere chiarificatore. Durante la recente discussione sulla Legge Finanziaria 2010-2013 ha tenuto banco la riduzione dell`IRAP. Alla fine, come da copione, non si è fatto assolutamente nulla, col solito argomento: coperture finanziarie inesistenti o non credibili. In realtà, tra gli emendamenti presentati dal Pd, ce n`era uno che non aveva bisogno di copertura. Si limitava infatti a disporre quanto segue: si associano all`attuazione della legge Brunetta-Ichino precisi e crescenti obiettivi di risparmio, per ogni segmento e ufficio della Pubblica Amministrazione, dal lato della spesa corrente primaria. I risparmi realizzati, confluiscono in un apposito Fondo, il quale finanzia la progressiva riduzione, dalla base imponibile dell`Irap, della componente costo del lavoro. Risultato: ogni giorno, trecentosessantacinque giorni l`anno, imprese e lavoratori davanti alla porta del Governo, a chiedere: «Quanto hai risparmiato oggi, ché mi devi ridurre le tasse?»

Il Governo, apprezzata l`originalità della proposta, ha detto no. Ma anche un bambino capisce che, almeno in questo caso, la copertura finanziaria, il debito pubblico e la macelleria sociale non c`entrano nulla. E solo questione di (im)potenza riformatrice.

P.S. Bene gli apprezzamenti di Tremonti per le scelte di Obama sulle banche. Ancora meglio, se il Governo avesse dedicato qualche attenzione all`emendamento del Partito Democratico alla Legge Finanziaria che metteva a carico delle banche una tassa corrispondente alle dimensioni della loro leva finanziaria.

 

 

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Così come Syriza in Grecia non era il futuro profetico per la sinistra italiana, così non dobbiamo considerare che la sconfitta di Miliband in Inghilterra sia esattamente trasponibile nel dibattito della sinistra italiana. In Inghilterra ha pesato potentemente lo straordinario successo del partito nazionalista scozzese. Non facciamo equazioni troppo semplici. In Italia aspettiamo l’esito delle elezioni amministrative. Credo andranno bene, anche se peserà la disaffezione degli elettori vrso le elezioni locali. La formazione delle liste in Campania è il simbolo di un grave problema che si sta determinando nel PD: non basta imbarcare tutti per vincere. Bisogna vincere lealmente, con persone presentabili.

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