Il populismo uno e trino: hard, soft e virtuale - Paolo Franchi - Riformista del 21/11/2007
Dice Fausto Bertinotti, intervistato dal Corriere, che c’è il rischio, o qualcosa di più, che a fronteggiarsi potrebbero essere tra poco due populismi. Quello in versione hard, incarnato da Silvio Berlusconi. E quello più dolce e all’apparenza più mite di Walter Veltroni. Io ho sempre dubitato assai dell’uso, e soprattutto dell’abuso, che del concetto di populismo si è fatto in questi anni di politica e di partiti senza il popolo, o con il popolo convocato una tantum nei gazebo o nelle piazze. Per quanto il terreno che ha scelto sia molto scivoloso, però, penso che Bertinotti, come spesso gli accade, qualche ragione la abbia, almeno in termini di analisi. Ma questa analisi, credo, va ulteriormente sviluppata. Partendo, se possibile, dai dati di fatto. Da quei dati di fatto che troppo spesso, nelle cronache e nei commenti politici, tendiamo a ignorare, o a mettere tra parentesi.
Populismo hard, populismo soft. Va bene. Questo fine settimana, però, ci ha consegnato anche qualcosa di qualitativamente diverso: (Leggi tutto!)
Nella vecchia, polverosa democrazia novecentesca dei partiti (sto parlando dei partiti veri, non dei simulacri di partito che hanno infestato l’ultimo quindicennio) un simile cambiamento di rotta avrebbe richiesto una preparazione lunga e complessa, un confronto teso tra posizioni diverse, un congresso. Magari qualche militante sarebbe saltato su a gridare di essere stato ingannato, se non altro di non essere stato chiamato a votare sì o no alla svolta. Magari qualche dirigente additato al pubblico ludibrio come «parruccone» della politica avrebbe voluto dire la sua, forse persino difendere se stesso e il suo onore politico di fronte alla base. Ma queste, si sa, sono storie di un’altra epoca, irripetibili e anche noiose, come noioso è, mi rendo conto, chi le racconta. Nell’epoca della politica veloce, e del populismo hard, soft e virtuale, le svolte si fanno così, quel che conta è pressoché solo il loro impatto mediatico. E neanche agli avversari passa per il capo di metterne in discussione la filosofia e la logica.