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Magda Negri

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23 febbraio 2008 - ELEZIONI E CONSENSO

L'ultima sbornia del nostro mondo politico è stata il «programmismo». Tutti a chiedere, giorno e notte: qual è il programma? Dove è il programma? Quando farete il programma? Questa sbornia si collega al progetto prodiano di unificare la sinistra a colpi di primarie. E, come è giusto (talvolta la giustizia funziona), Prodi ne è stato la più clamorosa vittima. Il suo programmone monstre di 281 pagine lo ha molto aiutato nel perdere (quasi) le elezioni e a farsi bloccare nel governare. Veltroni, intelligentemente, ne promette, di pagine, 30; e intanto ha anticipato 12 punti.

Le elezioni si combattono davvero, o comunque soprattutto, con i programmi? Giuseppe De Rita, nel suo editoriale del 18 febbraio sul Corriere, ne dubita. E a mio modo ne dubito anch'io. Certo, alle elezioni i partiti un qualche programma lo devono presentare. Ma oramai è chiaro che non si possono permettere di presentare tutto il programma. Perché oramai è chiaro che chi lo fa onestamente, perde le elezioni.

Male? Sì, malissimo. Ma per una volta la colpa non è soltanto dei politici. È anche degli elettori. Per il grosso del
grosso pubblico i problemi sono soltanto (si diceva in passato) di bread and butter, di pane e burro, di mangiare. Oggi sono anche, e in più, di tasse e di previdenza. E questo è, ahimè, il terreno sul quale si vincono o si perdono le elezioni. Veltroni aggiunge ai «soldi in tasca» il tema dei giovani, il richiamo del giovanilismo. Se io ne dicessi male, sarei in conflitto di interessi, quindi sto zitto. Però posso tranquillamente osservare, visto che l'università sta alle mie spalle, che il giovanilismo lo fa incappare nella sconsiderata promessa di «creare 100 campus (universitari) entro il 2010». Si vede proprio che in questa materia il Nostro «non mastica». Noi di università fasulle, puramente cartacee, ne abbiamo già troppe: un proliferare che si risolve nel creare un vergognoso diplomificio e il dilagare di docenti clientelari. E Veltroni si rende conto del costo? Perché anche le schifezze costano e sono voraci.

Dicevo che i programmi elettorali si riducono a essere strumenti acchiappa- voti. Il che implica che sono soltanto la punta
dell'iceberg, sotto la quale c'è, ci dovrebbe essere, il programma sommerso. E tutti i gravissimi problemi che affossano e impoveriscono il Paese stanno nascosti in quel sommerso. Per esempio, il primo punto del programma veltroniano recita così: «Sì all'ambientalismo "del fare": termovalorizzatori, rigassificatori, energia pulita ». Questo impegno è già un progresso rispetto ai governi Berlusconi e Prodi, che dell'ambientalismo si sono fatti due baffi. Però il problema è
del riscaldamento della Terra dovuto alle emissioni di anidride carbonica, che in Italia sono in costante e spensierato aumento (anche se abbiamo sottoscritto il trattato di Kyoto, il che ci sottoporrà a pesantissime penali). Allora, le elezioni si vincono con i programmi? Se confezionati con astuzia forse sì. Ma il punto è di credibilità. Se un leader promette mari e monti, gli dobbiamo credere? E se i due maggiori partiti nei loro programmi «si copiano», come ci dobbiamo regolare?
Risponderò dopo aver visto bene.

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Così come Syriza in Grecia non era il futuro profetico per la sinistra italiana, così non dobbiamo considerare che la sconfitta di Miliband in Inghilterra sia esattamente trasponibile nel dibattito della sinistra italiana. In Inghilterra ha pesato potentemente lo straordinario successo del partito nazionalista scozzese. Non facciamo equazioni troppo semplici. In Italia aspettiamo l’esito delle elezioni amministrative. Credo andranno bene, anche se peserà la disaffezione degli elettori vrso le elezioni locali. La formazione delle liste in Campania è il simbolo di un grave problema che si sta determinando nel PD: non basta imbarcare tutti per vincere. Bisogna vincere lealmente, con persone presentabili.

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